Ciao Lorenzo
vorremmo parlare con te della storia di una profonda amicizia che ci ha fatto camminare insieme in questi anni. Un’Amicizia intensa perché condivideva uno sguardo “alto” sulla vita, e oltre la vita, e non solo una reciproca simpatia e stima.
Siamo tutt’uno con il nostro “lavoro”, tu lo sai: neanche nei momenti di riposo ci abbandona infatti quel costante interrogarci, quella continua ricerca di senso, di nessi, di significati, in tutte le azioni che quotidianamente si svolgono nel vivere. I “pazienti”, che insieme chiamavamo interlocutori e incontri, li portavamo sempre con noi, anche in vacanza, anche nei week end, anche in famiglia. Lo dicevamo spesso: ad essi la nostra riconoscenza, perché sono loro che ci permettono di conoscerci, di scoprire nuove prospettive, di “sanare” il nostro animo sofferente.
Parlavamo di intersoggettività, una prospettiva difficile e mai raggiunta. Ogni volta che la sentivamo più vicina, questa parola si faceva più sfumata e incomprensibile, ma ci invitava a cercare ancora e più a fondo. Amavi e credevi nel tuo lavoro e, in fondo, per te intersoggettività significava soprattutto poterti mettere in discussione con l’altro-del-discorso che avevi davanti durante le sedute. Lo dicono anche i tuoi interventi nel nostro forum sull’intersoggettività.
La ricerca. Eri dotato di una curiosità veramente speciale, appena approfondivi un argomento o una tecnica, ti veniva immediatamente voglia di andare altrove per cercare dell’altro. E in questa ricerca eri contagioso. Più volte ci hai trascinato in percorsi inaspettati o ci hai dato lo stimolo per non fermarci, mettendo tutto in discussione. Attribuivi questo atteggiamento alla tua personalità “un po’ border”, come tu stesso dicevi mettendoti a ridere, ma in questa “patologia” ti seguivamo volentieri. I giornali hanno scritto che eri “una brava persona”. Ma cosa vuol dire? Di discussioni ne abbiamo avute tante e sempre portavano a qualcosa di nuovo. I sogni, le “sabbie”, la spiritualità, i simboli, l’Universale, erano argomenti a te cari che trovavano in noi una sintonia e una comprensione rara. Non ci sentivamo così spesso -ultimamente viaggiavi tanto e l’ambito della tua ricerca si estendeva fuori dai confini della Lombardia- ma quando ci sentivamo era come fosse stato il giorno prima; subito si faceva avanti quella familiarità che contraddistingue chi è capace di pensare insieme e sente la Presenza dell’altro al di là della vicinanza fisica.
Ci piace continuare a pensarti così. I difetti? Eravamo abituati a dialogare con le nostre Ombre, e anche di quelle tue ne parlavi con assoluta onestà intellettuale. Ci definivi un gruppo “casinista” come effettivamente siamo: poca capacità organizzativa, molti ideali e, a volte, molto individualismo introverso e difensivo. Eppure anche tu ti meravigliavi, insieme a noi, di come poi tutto potesse procedere e di come potessimo volerci bene, accomunati dalla stessa idea della psicoterapia, delle relazioni, della vita.
Insieme a noi, in modo entusiasta, avevi denominato la nostra associazione “Centro di Psicologia Evolutiva Intersoggettiva” e subito dopo, conscio del nome impegnativo e lungo, e del fatto che eravamo soltanto in cinque, hai aggiunto: “ma ragazzi, cosa stiamo facendo? Forse non lo capiamo neppure noi cosa vuol dire…”. Eppure hai contribuito non poco al primo statuto, visto che eri quello, tra noi, con migliori doti pratiche e organizzative.
Il nostro particolare ricordo va oggi a Donata, Anita, Matilde, le persone che amavi e con cui condividevi la quotidianità. Ci dicevi che con loro sentivi un legame speciale, capace di andare oltre qualsiasi difficoltà. Siamo convinti che questo legame verrà comunque mantenuto, e anche quello con il CEPEI, nel modo che tu ora conoscerai molto meglio di noi.
Sei sempre presente
Paolo, Antonino, Paola, Sergio
… Un anno dopo (sogno del 7 agosto 2004)
“Con la persona che amo entriamo nella cantina dove ci trovavamo a parlare, a giocare, a progettare sulla vita, con gli amici del tempo della giovinezza. E lì tornano anche gli amici stessi, decisi tutti a scrivere un’altra lettera a Lorenzo. Pensiamo allora a ciò che è stato pubblicato sui giornali, alle persone che sono state vicine, a quelle ciniche o indifferenti, ai problemi connessi alla professione di psichiatra, al servizio pubblico inadeguato, alla famiglia, alla violenza, al desiderio di affermazione… e ci accorgiamo di quante considerazioni negative sono state fatte in quest’anno. E allora, decidiamo di porre silenzio ad ogni altra riflessione e di scrivere nella lettera una sola parola, che dia senso al nostro ritrovarci: AMICIZIA”.
il sogno da uno di noi è stato fatto, ma è condiviso nell’inconscio (e speriamo poi nella coscienza) collettivo.